Caro direttore,
dopo aver letto i vostri ultimi servizi su voto estero, rete consolare e cittadinanza italiana, vorrei dire la mia.
Bisogna cominciare a monte: limitare la concessione della cittadinanza italiana a due generazioni (genitori e nonni) e non ad aeternum e sulla base di un esame basilare di lingua e cultura italiana. In tal modo si elimineranno i sovrappesi burocratici nei consolati la cui funzione appare totalmente inefficiente.
Fatto questo risanamento costituzionale, si deve inserire la riforma della legge elettorale sia in Italia sia all’estero: si votano nelle rispettive circoscrizioni partiti e persone che rappresentano il territorio.
Per l’estero si vota nei consolati come se si votasse in patria.
Si elimineranno così le distorsioni e i brogli finora registrati in molte sedi. Il voto è segreto e va tutelato con la presenza del cittadino alle urne o col voto elettronico.
Inoltre i cittadini all’estero hanno diritto di ricevere il certificato elettorale anche per le amministrative (regionali, provinciali e comunali) e non solo per le politiche e i referendum (quasi sempre falliti per mancanza di quorum). Infatti, sia sulle retribuzioni sia sulle pensioni si ritengono alla fonte le addizionali IRPEF per le Regioni e per i Comuni di origine.
Il peso del voto estero come cittadini e contribuenti dell’erario e degli enti locali, deve essere uguale al voto espresso in Italia senza discriminazioni rappresentative e con gli stessi riflessi sul Parlamento.
*analista politico e economico, residente in Brasile dal 1977