La visita di un Capo di Stato, aldilà di tutto ciò che a che fare con il protocollo, i buoni rapporti dei paesi e le identità condivise, ha come principale obiettivo i rapporti commerciali e le strategie politiche da intraprendere, su innumerevoli fronti. L’arrivo di Sergio Mattarella in due paesi fortemente vincolati all’Italia è stato senz’altro un grande avvenimento di strategia politica.
Argentina e Uruguay sono i due paesi con maggiore densità di DNA italiano: quasi la metà dei 44 milioni di cittadini argentini e uruguaiani portano sangue italiano nelle loro vene. Con politiche azzeccate dal tessuto imprenditoriale italiano nel passato, l’Italia ha profonde radici da queste parti.
Le grandi ditte nostrane come FIAT, Pirelli o Benetton, per non dire Astaldi o Agip, hanno da decenni grosse impronte nel tessuto operativo di Uruguay e Argentina. Senza dimenticarci del Brasile, con milioni di discendenti italiani. Proprio in Brasile ci sono varie mega fabbriche industriali che fanno la parte da leone per FIAT e Pirelli. La FIAT ha fabbriche in Brasile come quella recente e modernissima di Pernambuco con 700 maxi-robot in gestione, la più grande del gruppo all’estero, o quella di Belho Horizonte che ha superato i 30 anni di vita.
C’è anche la Pirelli Brasile, da non trascurare, perché fabbrica il 30% di tutti i prodotti della big italiana ed ha oltre il 90% del mercato degli pneumatici per motociclette, più quasi la metà del mercato di auto e TIR. C’è la Benetton che, in Argentina ha varcato la soglia di un milione di ettari dove pascolano le pecore che producono la lana per il gruppo di abbigliamento. Senza contare la forza della TECHINT in Argentina o la Astaldi con grossi appalti un po’ ovunque in America Latina.
Se Mattarella fa una visita ufficiale accompagnato dal Ministro degli Esteri e da 40 imprenditori italiani interessati nello sviluppo della cooperazione e gli affari fra i due paesi, vuol dire che l’Italia ha capito che non può restare dietro a Spagna, Francia o Germania che, aldilà del fatto che non hanno neanche il 10% delle origini che abbiamo noi, da molto tempo (specialmente la Spagna, anche per la lingua in comune) mantengono accese tutte le fiammelle dell’interscambio commerciale e culturale: proprio sul versante della Cultura l’Italia è rimasta troppo indietro.
La Spagna, colpita dalle successive crisi economiche europee e mondiali e con la sua disoccupazione strutturale che è riuscita a superare il 20%, non ha quasi toccato il budget per la cultura. La Francia, soltanto a Montevideo, non tanti anni fa, ha elargito 5 milioni di Euro per ricostruire il nuovo Licée Francais, lo stesso la Germania ha fatto con l’Istituto Goethe. Intanto l’Italia ha praticamente azzerato i contributi dove più se ne aveva bisogno: la difesa della Cultura e la Lingua.
Dal 2007 ad oggi, almeno in Uruguay, è stata chiusa la Camera di Commercio che ostentava fino al 2014 il record di essere la prima Camera Italiana di Commercio al mondo, l’Ospedale Italiano (gioiello costruito 150 anni fa e mai aiutato dallo Stato), la Sede RAI (chiusa nel 2011 per risparmiare con un costo globale di poco più di 500.000 dollari all’anno, lasciando senza nessun corrispondente il continente), l’ICE con le conseguenze disastrose sugli interscambi commerciali; è stato quasi azzerato il contributo alla Stampa italiana all’estero con la conseguente chiusura di varie testate, l’azzeramento della Cooperazione, la drastica riduzione nel versante degli Istituti italiani di Cultura, sedi Dante Alighieri e sovvenzioni per l’insegnamento della Lingua Italiana.
Questa politica disastrosa ha portato con sé disastrosi risultati. Se è vero che, per molti anni, i diversi governi hanno elargito a fondo perduto minimizzando l’iniziativa privata, questa politica ha portato alla chiusura di enti e istituti che, per molti anni, venivano mantenuti dallo Stato ed oggi non più; è anche vero che le iniziative private locali si son cominciate a spegnere e, conseguentemente, son cominciati a “crollare i palazzi”.
La visita del Presidente Mattarella, logicamente, cerca di iniziare un dialogo, per cominciare a rispondere a tante domande che hanno i cittadini italiani all’estero che si sentono abbandonati dalla propria Patria. Gravissime dimenticanze hanno caratterizzato gli ultimi governi, più impegnati in una “spending review” fatta a vanvera senza intaccare gli stipendi di coloro che dovrebbero gestire meglio un paese, ma limitando le risorse. Così è successo proprio a Montevideo dove, dopo un patetico suggerimento di un funzionario diplomatico che voleva far carriera, il governo Renzi ha deciso di declassare il Consolato a cancelleria. Questo fatto ha provocato la chiusura di un Consolato decentrato (forse troppo piccolo, ma almeno che lavorava in una sede propria). Così si sono risparmiati 80.000 Euro per una cancelleria che ha 16 poltrone per 123.000 connazionali in un mini ufficio con 12 impiegati, 1 ogni 10.000 italiani: d’altra parte si sono appena osservati i 60.000 Euro all’anno di spesa per manutenzione della piscina e il campo da tennis dell’Ambasciatore di turno.
Dai leader dei partiti politici rappresentati in Parlamento per le Circoscrizioni estere, come Merlo del MAIE, Porta del PD o Sangregorio della nostra USEI, rappresentato in Parlamento dalla nostra Deputata Renata Bueno, sono arrivate dure dichiarazioni per via della terribile condizione di lavoro per vari consolati che si ripercuote in una pessima attenzione agli sportelli degli stessi e ritardi biblici per rinnovi di passaporti o cittadinanze.
Tornando alla visita del Presidente, aldilà del fatto che Mattarella, come tutti sappiamo, non ha nessun compito esecutivo in Italia, è un prima e un dopo per le nostre comunità. C’è sempre il rischio che siano parole e non fatti, ma noi dell’USEI facciamo opposizione critica con diligenza, sia dal sacrosanto lavoro dalla nostra poltrona a Montecitorio, sia attraverso le nostri reti elettroniche e comunicative, i nostri collaboratori sparsi per il mondo ed i nostri specialisti.
È per questo che mi rivolgo a tutti voi, cari connazionali. Qui c’è tanto lavoro da fare per il bene dell’Italia e per l’Argentina.
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