In una lettera inviata al Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, l’On. Fabio Porta chiede al Governo un deciso impegno per completare e migliorare il sistema di tutela socio-previdenziale in America Latina dove risiedono centinaia di migliaia di nostri connazionali, lavoratori, pensionati e le loro famiglie.
Il presidente del Comitato italiani nel mondo della Camera dei deputati riconosce al Governo italiano, e alle sue Istituzioni, di aver dimostrato in questi ultimi anni, con iniziative e attività concrete, interesse ed attenzione per le rivendicazioni delle nostre collettività in materia di sicurezza sociale, ma allo stesso tempo stigmatizza ritardi ed inadempienze che vanno corretti.
Ecco alcuni passaggi della lettera: “E’ da tempo che con la mia attività parlamentare e politica denuncio lo stallo dei negoziati per l’avvio ed il rinnovo delle convenzioni di sicurezza sociale: strumento giuridico internazionale imprescindibile per garantire la tutela previdenziale (e spesso sanitaria) dei cittadini dei Paesi contraenti e delle loro famiglie che si spostano o si sono spostati da un Paese all’altro. Non si tratta di instaurare privilegi ma semplicemente di garantire diritti sociali di base. Sono quattro i Paesi dell’America meridionale con i quali sono in vigore le convenzioni: Argentina, Brasile, Uruguay e Venezuela. Le prime tre sono convenzioni obsolete che non garantiscono più una giusta tutela; quella con il Venezuela viene sistematicamente disattesa dal Governo venezuelano che non paga più da anni le pensioni all’estero…
Incomprensibile invece la decisione dei Governi italiani che si sono succeduti dal 1998 (anno della firma della convenzione) di non ratificare la convenzione con il Cile, peraltro già approvata dal Parlamento cileno; migliaia di cittadini italiani in Cile e cileni in Italia che si sentono dimenticati e presi in giro da uno Stato (quello italiano) che non rispetta gli impegni internazionali assunti…
Le assicuro inoltre che sono pressanti le richieste dei nostri connazionali in Perù, Ecuador e Messico, e non solo, che ci chiedono di completare il quadro di tutela socio-previdenziale in America Latina stipulando anche con i loro Paesi di residenza un accordo di sicurezza sociale…
Altro problema importante di cui desidero portarLa a conoscenza è quello del pagamento in America Latina di migliaia di pensioni di importo irrisorio. La legge n.335/95 introdusse, oltre 20 anni orsono, la regola dell’importo minimale sulle pensioni in convenzione: per ogni anno di contribuzione versata in Italia veniva assicurato il diritto ad un importo minimo equivalente a 1/40mo del Trattamento minimo (attualmente quindi intorno ai 13 euro). Si tratta di una miseria; ho presentato quindi una proposta di legge – che purtroppo non è mai stata discussa – per portare tale importo ad 1/20mo del trattamento minimo, garantendo così ai titolari di pensione in convenzione un importo minimo di circa 25 euro al mese per ogni anno di contribuzione accreditato in Italia. Una somma più giusta e non penalizzante per le casse dello Stato italiano…
Altra questione irrisolta è quella degli importi della cosiddetta 14ma, o somma aggiuntiva “una tantum”. Se da una parte, anche grazie al Suo Governo, siamo riusciti a garantirne l’esportabilità all’estero a favore dei titolari di pensioni italiane autonome e in convenzione, non riusciamo a capire perché nel calcolo dell’importo dovuto non vengono presi in considerazione dall’Inps i contributi esteri utilizzati per perfezionare il diritto al pro-rata in convenzione… Altra questione sentita e irrisolta è quella degli indebiti pensionistici: in una recente audizione presso il Comitato per gli italiani nel mondo della Camera dei deputati che ho l’onore di presiedere, il Presidente dell’Inps Tito Boeri ha rivelato che sono 100.000 le pratiche di prestazioni indebite relative a residenti all’estero titolari di pensioni in regime convenzionale, di cui 60.000 in corso di recupero per un totale di 270 milioni di euro da recuperare. Si tratta di somme allo stesso tempo stupefacenti e scandalose. Stupefacenti perché su 380.000 pensioni circa erogate all’estero risulta che più di un quarto sono “indebite”; scandalose perché innanzitutto gli indebiti devono essere restituiti da pensionati solitamente già poveri e in secondo luogo perché il fenomeno, va chiarito con forza, non dipende da atti dolosi dei nostri connazionali ma, ovviamente, dalle modalità e tempi di controllo da parte dell’Inps sul diritto all’erogazione delle prestazioni legate al reddito.
Le chiedo quindi se il Suo Ministero non ritenga utile ed opportuno valutare la possibilità di introdurre nella prossima legge di Bilancio una sanatoria degli indebiti pensionistici almeno per i pensionati italiani residenti all’estero i quali sono titolari di redditi complessivi inferiori agli importi della No Tax Area Irpef italiana…
Infine desidero confidare le mie preoccupazioni per alcune prese di posizione del nostro “Istituto di Previdenza” in merito all’esportabilità delle prestazioni pensionistiche “non contributive” all’estero (parliamo soprattutto di Trattamento minimo, Maggiorazioni sociali e 14ma). Se da una parte il principio che è stato adottato in Europa che individua nel Paese di residenza quello responsabile per l’erogazione di tali prestazioni può essere condiviso, l’attuale situazione socio-economica delle nostre collettività nei Paesi extracomunitari (e soprattutto in America Latina) ci deve indurre ad essere molto prudenti a prospettare una possibile eliminazione o revoca delle prestazioni assistenziali in tali Paesi perché una decisione del genere, oltre ad essere irriflessiva e sconsiderata, genererebbe – in questa congiuntura – un malcontento generalizzato di decine di migliaia di nostri lavoratori e pensionati interessati con conseguenze sociali e politiche deleterie…”.
L’On. Porta conclude la sua lettera chiedendo al Governo di contribuire a pensare e migliorare il sistema di tutela socio-previdenziale che vogliamo garantire ai nostri lavoratori e pensionati emigrati e ripartire quindi con rinnovato interesse dalle richieste delle vecchie e nuove mobilità (quasi 6 milioni di cittadini italiani che arricchiscono il mondo) per garantire una tutela socio-previdenziale più moderna, più giusta e più ampia.
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