Il governo Gentiloni raccoglie anche la seconda fiducia, probabilmente la più significativa: quella di quel Senato che il fronte del Sì voleva abolire, o quantomeno trasformare; e di quel Senato, anche, dove la strada sarà più stretta per il nuovo esecutivo guidato dall’ex ministro degli Esteri di Renzi.
La sconfitta al referendum ha infatti lasciato come strascico nella maggioranza la perdita del gruppetto di Scelta Civica, passato da Area Popolare ai verdiniani di Ala i quali anche oggi, come ieri alla Camera, non hanno votato la fiducia: la conseguenza naturale della mancata considerazione in fase di formazione della squadra di governo, dice Riccardo Mazzoni in aula. “Al premier va il nostro rispetto, anche se ci ha cortesemente chiuso la porta in faccia, ma questo è un governo che avrebbe dovuto allargare le sue base parlamentare e ridurre le poltrone, mentre lei ha fatto il contrario. Faremo opposizione seria e rigorosa al governo, per via della conventio ad excludendum che ci ha tolto dignità politica e che noi non comprendiamo”. Ed è già qualcosa la mancata partecipazione al voto, dato che Ala aveva anche valutato di votare contro.
Per il resto, dalle opposizioni il ritorno è sempre più o meno lo stesso: quello che non piace è l’eccessiva continuità del nuovo esecutivo con quello dimissionario. “Il no del referendum era soprattutto il rifiuto di tutte le riforme con cui in tre anni Renzi ha falcidiato i diritti dei cittadini: è questa continuità che non possiamo tollerare e che Gentiloni invece rivendica” dice Loredana De Petris (Sel); “Si sono già dimenticati del voto del 4 dicembre che ha detto no anche al governo e al parlamento che hanno portato avanti la riforma bloccando il Parlamento per due anni” attacca Michela Montevecchi (M5S); “E’ vero che un governo può restare in carica finché ha la maggioranza in entrambe le camere, ma è vero anche che non siamo automi e dobbiamo renderci conto di quando la gente non vuole più quel governo. E’ per questo che questo governo non doveva nascere” spiega Gian Marco Centinaio (Lega).
Va oltre invece Forza Italia, che anzi con il capogruppo Paolo Romani rilancia: “Voglio lanciare una sfida, adesso abbiamo la possibilità di ridare legittimità alla politica, affrontando oltre alla riforma della legge elettorale anche la riforma dei partiti e la regolamentazione delle primarie, affinché il prossimo parlamento sia legittimato a modificare la costituzione in nome del popolo sovrano. Ma chiuso il lavoro sulla legge elettorale, si ridia subito il parere al popolo”.
Il Pd dice sì a Gentiloni e chiede una legge elettorale condivisa. “Il presidente Gentiloni ha tutto l’equilibrio e l’esperienza necessari per guidare il governo sino all’appuntamento delle elezioni che il Parlamento e le forze politiche chiedono vengano celebrate in tempi brevi, con una legge elettorale omogenea per la Camera e il Senato”. Così il capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Luigi Zanda, interviene nell’Aula del Senato dichiarando il voto a favore del nuovo governo. E aggiunge: “Sulla legge elettorale dico solo che per scriverla servirà l’apporto della maggioranza e dell’opposizione e servirà che non venga pensata né contro qualcuno, né a favore di qualcuno”.
Paolo Gentiloni da parte sua è tornato a respingere le accuse: “Non siamo innamorati della continuità, abbiamo cercato anzi un allargamento dei confini ma c’è stata indisponibilità da parte della grande maggioranza dei gruppi. Sarebbe forse stato più utile come ragionamento politico sfilarsi da questa responsabilità, ma sarebbe stato ben più pericoloso per il Paese”. E chiedendo la fiducia al Senato ha così esordito: “Io ho condiviso fino in fondo, pienamente, la riforma costituzionale: la fiducia che chiedo è un po’ particolare, perché nel frattempo esprimo la mia fiducia verso il Senato, le sue prerogative e i rapporti istituzionali tra le Camere e il governo”.
Perfetta parità tra Paolo Gentiloni e Matteo Renzi al primo voto di fiducia al Senato. Anche l’ex premier infatti il 24 febbraio del 2014 ottenne 169 sì contro 139 no, su 308 votanti e senza alcun astenuto. Rispetto ad allora si sono comunque verificati passaggi dalla maggioranza alla minoranza e viceversa e soprattutto è nato il Gruppo di Ala, che rafforzò il sostegno all’esecutivo durante il suo mandato e che oggi non ha partecipato al voto. I votanti complessivi sono stati 268.
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