L’Italia ha stipulato oltre cento convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni fiscali proprio per evitare l’ingiusto e molesto fenomeno della doppia tassazione (sappiamo tutti quanto siano gravose e farraginose le procedure per ottenere deduzioni, rimborsi o crediti di imposta).
Eppure, per motivi che sfuggono alla nostra intelligibilità, alcune convenzioni – tra le più importanti – non solo prevedono ma in fondo giustificano la doppia tassazione (o tassazione concorrente). Stiamo parlando in particolare delle convenzioni con Brasile, Canada e Francia (sebbene non siano le sole).
Queste convenzioni, a dispetto dell’obiettivo che dovrebbe essere quello di evitare la doppia tassazione, prevedono specifiche soglie di esenzione o la tassazione concorrente in entrambi i Paesi contraenti, con il riconoscimento tuttavia del credito di imposta. Che non sempre è applicato, un po’ per l’ignoranza delle norme da parte dei contribuenti e un po’ per il non rispetto delle norme da parte dei Paesi contraenti.
Per esempio la Convenzione contro le doppie imposizioni fiscali in vigore con il Brasile, per le pensioni delle gestioni previdenziali dei lavoratori privati prevede, all’art.18, una soglia di esenzione di 5.000 dollari statunitensi, corrispondenti a 4.478 euro per l’anno d’imposta 2017, e, per l’eccedenza, la tassazione secondo le regole della legislazione fiscale italiana (tassazione ordinaria). Quale è il problema (che abbiamo denunciato nei dettagli più volte con interventi politici e legislativi)? Il problema consiste nel fatto che migliaia di pensionati italiani residenti in Brasile subiscono quindi su una parte delle loro pensioni un doppio prelievo fiscale che in teoria dovrebbe essere evitato con una deduzione o un credito di imposta pari all’ammontare dell’imposta pagata in Italia che in realtà non è evitato perché il Brasile si rifiuta di concedere tale deduzione.
La Convenzione con il Canada invece stabilisce, per le pensioni della gestione previdenziale dei lavoratori privati, una soglia di esenzione della tassazione in Italia delle pensioni italiane pagate in Canada pari alla somma equivalente in euro di 12mila dollari canadesi (7.990 euro per il 2017) e, per l’eccedenza, si applica l’aliquota più favorevole tra il 15% e quella prevista dalla legislazione fiscale italiana (aliquote scaglioni IRPEF). In questo caso se da una parte il credito di imposta dovrebbe essere concesso, dall’altra rimane il problema dell’attivazione da parte degli interessati delle procedure per ottenerlo e soprattutto della conoscenza delle norme (il credito di imposta non viene concesso automaticamente ma solo su istanza degli interessati).
Infine la Convenzione con la Francia: giova ricordare che il 20 dicembre del 2000 le amministrazioni finanziarie italiane e francesi hanno stipulato un Accordo amichevole di “interpretazione” della Convenzione di base, L’accordo indica che tutte le pensioni di vecchiaia, anzianità, reversibilità e invalidità erogate dall’INPS, rientrano nell’ambito applicativo del paragrafo 2 dell’articolo 18 e sono tassabili sia in Italia sia in Francia (principio della tassazione concorrente). Quindi, l’INPS deve applicare la ritenuta d’imposta alle pensioni di vecchiaia, anzianità, invalidità e reversibilità corrisposte ai beneficiari residenti in Francia. L’imposta italiana applicata sulla pensione non è deducibile ai fini del calcolo del reddito imponibile in Francia, ma, per eliminare la doppia imposizione fiscale, l’articolo 24, paragrafo 2, lettera a) della Convenzione tra Italia e Francia prevede che il beneficiario residente in Francia ha diritto a un credito di imposta, corrispondente all’ammontare delle ritenute applicate dall’Italia sulla pensione, nei limiti dell’ammontare della relativa imposta francese.
In conclusione, le convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali con Brasile, Canada e Francia prevedono paradossalmente la doppia tassazione e tassazione concorrente, ancorché al superamento (Brasile e Canada) di specifiche soglie di reddito.
Gli inconvenienti, sia economici che procedurali, causati da queste disposizioni potrebbero essere facilmente eliminati adeguando le convenzioni al modello standard OCSE che prevede per le pensioni private la tassazione esclusiva nel Paese di residenza. Ma le modifiche delle convenzioni richiedono sensibilità, comprensione, impegno, logica, conoscenza, istituzioni efficienti e dinamiche, tutte doti dalle quali spesso lo Stato italiano rifugge.
I deputati Pd, Marco Fedi e Fabio Porta
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