Nella fecondazione eterologa c’è un elemento in più per poter scegliere la donatrice o il donatore migliore: il confronto genetico. Il centro di medicina della riproduzione ProCrea di Lugano lancia il matching genetico per le coppie con problemi di infertilità che fanno ricorso ad un donatore di seme oppure all’ovodonazione. Una verifica di compatibilità genetica che va ben oltre i classici parametri di selezione dei donatori e delle donatrici. «È un esame approfondito con un solo obiettivo: ridurre da 1 su 200/300 a 1 su 30mila il rischio che il figlio possa presentare malattie genetiche recessive», precisa Marina Bellavia, ginecologa e specialista del centro Procrea.
Al gruppo sanguigno e alle caratteristiche fisiche per la scelta di un donatore ProCrea aggiunge lo screening preventivo delle malattie recessive. Concretamente, prosegue, «parliamo di un esame che prende in considerazione 550 geni responsabili di 650 malattie genetiche rare e raffronta la possibilità che la combinazione dei due patrimoni genetici possa dare origine a un bambino con una grave malattia genetica rara».
Per quanto definite come rare, le malattie genetiche recessive, che possono essere trasmesse da genitori ai figli, sono molte. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), esistono circa 8.000 malattie monogeniche diverse delle quali 1.100 recessive. Nei Paesi sviluppati queste malattie sono responsabili del 18% dei ricoveri pediatrici e del 20% della mortalità infantile. «Siamo tutti portatori sani di almeno tre malattie recessive gravi», aggiunge Giuditta Filippini direttore del laboratorio di genetica molecolare di ProCrea. «Spesso gli stessi genitori non sanno di essere portatori sani di una data malattia genetica, anche perché questo stato non comporta solitamente sintomi particolari».
Il matching genetico si effettua analizzando un normale campione di sangue delle persone interessate (donatrice o donatore e partner).
«Dall’analisi otteniamo una serie di informazioni sul loro patrimonio genetico che permettono l’identificazione di circa 550 geni e delle varianti presenti su ognuno di esso – spiega Filippini -. Molte di queste varianti sono innocue, mentre alcune sono classificate come patogenetiche. Con l’ausilio di un particolare software e con la supervisione di un esperto in genetica medica, possiamo filtrare le varianti patogenetiche presenti sullo stesso gene in entrambi i genitori biologici. Questa condizione comporta un rischio molto alto (25%) di avere un bambino malato. L’esperienza del genetista è fondamentale nell’interpretazioni dei risultati e nella valutazione delle varianti individuate. Con il test di compatibilità il risultato è sorprendente: se non troviamo nessuna “compatibilità genetica” possiamo arrivare a diminuire il rischio di concepire figli malati fino a 150 volte rispetto a quanto riportato dalle statistiche».
Il test viene particolarmente consigliato nel caso della donazione dei gameti. In questo caso, infatti, se si dovesse presentare il caso di “compatibilità” per una malattia genetica, la scelta è molto semplice e indolore: cambiare il donatore di gameti. Da non dimenticare che «oggi guarire da una malattia genetica non è possibile. In questo caso è invece possibile prevenirla», conclude Filippini.