C’è un dato in forte controtendenza con il risultato elettorale in Italia: il voto degli italiani all’estero ha premiato il Partito Democratico, che si classifica primo partito con una percentuale media del 27%, staccando di 5 punti percentuali la coalizione di centrodestra (22%) e di ben 10 punti percentuali il movimento cinque stelle, che si ferma al 17%. Bene +Europa che con l’8% in Europa riesce a conquistare un seggio, ma che rimane sotto il 5% nel resto delle circoscrizioni. Deludente, in linea con l’Italia, il risultato di LeU che si ferma sotto al 5%. Interessante come sommando i risultati del Pd a +Europa e Lorenzin, la coalizione di centro sinistra sfiorerebbe il 40%, seguita dal centrodestra al 23% e il M5s al 17%. Un dato significativo, nettamente diverso rispetto al risultato in Italia. Analizziamolo più in dettaglio.
Circa un milione e mezzo di italiani residenti all’estero hanno votato, una percentuale simile al 2013, intorno al 30% degli aventi diritto. In Europa, il Pd vede addirittura crescere il suo consenso passando da una percentuale del 29,5% nel 2013 al 32% in queste elezioni, mentre il M5S guadagna circa il 4%. In Nordamerica, il Pd scende di poco, di tre punti percentuali rispetto al 2013, ma considerando la frammentazione a sinistra (LeU, +Europa che non esistevano nel 2013), il partito ha tenuto molto bene, conquistando il secondo posto con il 29%, dietro al centrodestra al 33%, e seguito dal M5s al 17% (che guadagna il 7% rispetto al 2013).
In Africa-Asia-Oceania il Pd si riconferma primo partito con percentuali simili al 2013, intorno al 32%. Un dato interessante e’ che il Movimento 5 stelle e’ secondo in questa circoscrizione con una percentuale del 26%, di gran lunga superiore rispetto alla sua media estero e sopra il dato del 2013 di ben 12 punti percentuali.
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Infine una partita a sé (e ancora aperta, fino al dato definitivo della Corte di Appello) per l’America Meridionale, che vede un rafforzamento dei movimenti locali MAIE ed USEI, a discapito delle performance di Pd (17%), centrodestra (11%) e M5s (4%).
Come interpretare questi dati? Come mai il Pd è riuscito ad arginare la crescita del M5S e il fronte unito della destra, mantenendo il suo consenso (o addirittura facendolo crescere) nonostante la frammentazione a sinistra?
Probabilmente questo risultato è il frutto di diversi fattori, ognuno dei quali credo possa offrire importanti spunti di riflessione.
Primo: l’importanza del non essere una forza populista. Gli Italiani all’estero hanno scelto con convinzione di mettere una croce sul simbolo Pd (per la maggior parte senza indicare un candidato). Perché? Diversamente dagli Italiani in Italia, hanno recepito bene il messaggio, il programma portato avanti dal Pd in questa campagna elettorale: Stati Uniti d’Europa, immigrazione e integrazione, importanza della scienza.
Apertura contro chiusura. Cambiamento contro l’ancorarsi al passato. Coraggio contro la paura. Chi meglio degli Italiani all’estero puo’ recepire l’importanza di questo messaggio. Noi, che abbiamo vinto la paura dello staccare le nostre radici per andare lontano, verso l’incognito, e che cosi’ facendo abbiamo imparato la bellezza, la ricchezza del cambiamento, della diversità, dello scambio. Noi, che sappiamo bene che integrazione, multietnicità e multirazzialità non significa perdita di identità, ma anzi la costruzione di una identità basata su valori, e non su frontiere. Noi, le decine di migliaia di cervelli in fuga, che andando all’estero hanno trovato dei paesi che credono e investono nella scienza, nella ricerca, nel perseguimento della verità come ci insegna il metodo scientifico.
In molti nel Pd in Italia si stanno interrogando sulla possibilità dell’aver sbagliato ad incentrare la campagna elettorale sul dire il vero, il giusto, invece che quello che la gente voleva sentirsi dire.
Il risultato all’estero deve dare al Pd coraggio, e ci dice: non cediamo a questi dubbi. L’identità del Pd deve essere saper interpretare i bisogni della gente ma allo stesso tempo non piegarsi al populismo; come un padre ad un figlio, dobbiamo sapere indicare la giusta strada anche quando il figlio non e’ pronto ad ascoltare, a capire. Per il bene del suo futuro.
Secondo: meno inquinamento da fake news. Non ci sono dubbi che il voto in Italia sia stato condizionato da una campagna inquinata da fake news, insulti, bugie, distorsione della realtà. Gli Italiani all’estero hanno subito molto meno il bombardamento dei media, e hanno quindi potuto votare piu’ liberi da condizionamenti.
Terzo: condizioni diverse di vita, meno frustrazione, meno voto di protesta. La maggior parte degli Italiani all’estero non vivono la sofferenza della mancanza di lavoro, della difficoltà nell’arrivare alla fine del mese. Molti di noi sono andati via e hanno trovato un buon impiego, conducono una vita soddisfacente in paesi che per la maggior parte funzionano meglio dell’Italia, che offrono servizi, infrastrutture. Allo stesso tempo, chi ha avuto la forza e il coraggio di andare via per trovare un buon impiego, e’ dalla parte del lavoro e non dell’assistenzialismo, apprezza quanto fatto dal Pd in questi anni, portando l’Italia e l’occupazione in crescita. Chi e’ andato via ha lavorato sodo per arrivare dove e’ arrivato, e crede quindi nell’impegno, nell’essere produttivo e non nel reddito di cittadinanza.
Quarto: la partecipazione, i circoli come piazze e non roccaforti. Così come nella bella analisi di Ivan Scalfarotto sull’importante risultato di Milano, anche all’estero una delle chiavi di volta e’ il modello partecipativo, “open” dei circoli. In questi mesi da capo dipartimento degli Italiani all’estero ho avuto il privilegio di toccare con mano delle realtà bellissime, tantissimi giovani che si avvicinano in maniera genuina alla politica per dare il proprio contributo, e dei circoli ricettivi che li accolgono; ho visto molti circoli davvero aperti che si riuniscono per discutere di temi e non di cariche, candidature, correnti. In Italia dobbiamo ripartire soprattutto da questo: i circoli spesso sono percepiti come delle roccaforti più che piazze. Non sono più un meccanismo che avvicina ma che spesso allontana. Serve una riforma profonda dal basso, via la logica feudale dei circoli, serve circulation, novità, apertura, freschezza. Facciamo qualcosa di drammatico. Via i ruoli da segretari, via le strutture gerarchiche? Non più “piramidi”, ma davvero “cerchi”.
Quinto (last but not least): i veri volti nuovi, il coraggio dell’uscire dalla logica del pacchetto di voto e delle correnti di appartenenza. Nella formazione delle liste è purtroppo spesso facile cedere alla paura del “ma quanti voti porta”. O alla logica delle correnti, del bilancino, delle percentuali. Con i candidati delle liste Pd dell’estero c’è stata una proposta con molti volti nuovi, giovani, donne, scelti in base alle loro idee, il loro background, le loro professioni, la loro storia. Ai parlamentari uscenti forti della loro esperienza, è stata affiancata la novità, la competenza, la voglia di mettersi in gioco anche senza risorse economiche ma solo con la forza delle proprie idee, per una campagna elettorale molto difficile, breve e su territori vastissimi. E siccome all’estero si vota con le preferenze oggi riusciamo ad associare un numero a queste proposte fatte con coraggio. E i numeri sono quasi sorprendenti: quei candidati che erano considerati più consolidati sul territorio, perfino alcuni parlamentari uscenti, hanno ricevuto meno voti delle nuovissime proposte. La gente ha scelto inequivocabilmente i giovani, le donne, le competenze, la novità. In Europa eleggiamo due donne e un uomo, due dei quali sotto i trenta anni. In Nordamerica si eleggono tre donne.
Credo che dal voto all’estero impariamo l’importanza del coraggio di essere liberi. Il Pd lo è stato nel messaggio, adesso bisogna impegnarsi al massimo perché lo si possa essere anche nella partecipazione, e nella scelta di chi ci rappresenta.
*Responsabile Pd Dipartimento Italiani all’estero