Sulla cittadinanza, sullo ius sanguinis e sullo ius soli, mi sono già espresso più volte, anche in un recente editoriale, nel quale sostenevo, semplicemente, che la cittadinanza italiana non si regala e che è italiano chi ha sangue italiano. Un concetto che dovrebbe essere più che lapalissiano a chi fosse capace di usare anche solo un po’ di buon senso e orgoglio patrio. Purtroppo sono ben pochi ad avere sia l’uno che l’altro.
La situazione che ci troviamo davanti è presto detta: al Senato è arrivato il ddl ius soli che era stato già approvato alla Camera un anno fa, tra proteste e polemiche a non finire. A palazzo Madama abbiamo dovuto assistere allo spettacolo indecoroso che sono stati capaci di offrire ai nostri poveri occhi i più irrequieti e scomposti senatori.
Il Paese è diviso, perché il tema della cittadinanza è divisivo, come lo è stato quello sul referendum costituzionale.
Chi è contro questa legge proposta da un governo targato Pd, non è né contro gli stranieri, nè per forza contro il Pd o la sinistra in generale. Mettiamo da parte le ideologie, che tendono sempre a confondere e a fuorviare.
Eugenio Austria, esperto di temi legati a emigrazione, fisco e pensioni, spiega: “Non esiste nessuna discriminazione nei confronti dei figli di stranieri nati in Italia. L’attuale legislazione sull’acquisto della cittadinanza prevede per loro la possibilità, al compimento del 18mo anno, di acquisire la nazionalità italiana. E’ evidente che essendo nati e cresciuti in Italia hanno compiuto un percorso per giungere ai 18 anni che li ha integrati”.
Il problema, con la legge che si vorrebbe approvare, è che “lo ius soli consentirà la nazionalità alla nascita”, e anche se sarà necessario completare cinque anni di studio in Italia prima di poter richiedere la cittadinanza, una volta che la persona l’avrà ottenuta potrà anche lasciare il nostro Paese, ma in qualunque momento potrà usufruire del nostro welfare, della nostra sanità, insomma di tutti quei diritti che molti italiani “di sangue” si vedono ancora negare.
A queste cose bisogna pensare. Anche perché poi quella stessa persona potrà trasmettere alla propria moglie e ai propri figli la cittadinanza italiana. Dunque, quella persona crescerà in un altro stato, ma continuerà a trasmettere la cittadinanza ai suoi discendenti.
Il tema della cittadinanza è divisivo, lo abbiamo detto. Per gli italiani nel mondo lo è ancora di più. Sono stati completamente tagliati fuori dal dibattito. Gli italiani all’estero attendono da troppo tempo ormai di essere ascoltati, anche e soprattutto sulla questione cittadinanza; desiderano che i loro problemi vengano finalmente risolti, ma per certa politica romana i nostri connazionali residenti oltre confine sono sempre e solo l’ultima ruota del carro.
Per gli italiani all’estero la cittadinanza costa 300 euro. Per loro le file sono interminabili, le attese durano anni. Per gli italiani nel mondo sempre e soltanto le briciole. Perché il governo scatena questa orrenda e dolorosa guerra tra poveri?
La cittadinanza italiana è qualcosa di assai prezioso. Prevedere qualsiasi tipo di automatismo, soprattutto in un’epoca di immigrazione ormai incontrollabile e di forte percezione di insicurezza, per un Paese esposto come il nostro potrebbe essere un grave errore, guardando al futuro. Dall’Africa arrivano già in troppi e questo ius soli, anche se temperato, può dare ai disperati una promessa di speranza che non potremo mantenere.
È un peccato che un tema così importante si riduca ancora una volta a polemica politica. Ma forse è l’unica cosa che certi politici sanno far bene: polemica, appunto.
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