Santo Domingo – Siamo giornalmente testimoni di come l’operato dei nostri governanti e burocrati si possa far sentire negativamente anche in un piccolo paese come la Repubblica Dominicana, a migliaia di chilometri dallo Stivale. I disagi sono sempre più evidenti. Lo si capisce studiando e analizzando la nostra storia recente, a partire dall’annuncio della chiusura dell’Ambasciata d’Italia a Santo Domingo, per la prima volta e in esclusiva anticipata dal giornale on line ItaliachiamaItalia nel dicembre del 2013 e che poi purtroppo si è materializzata nel dicembre del 2014.
Che la situazione non sia ancora migliorata in maniera sostanziale lo si intuisce leggendo il documento che è stato formalmente consegnato all’Ambasciatore Canepari dai Consiglieri del Comites di Panama residenti in Rep. Dominicana (6 pagine che riassumono le testimonianze della comunità), i commenti dei connazionali sui social network, gli articoli di siti specializzati in italiani all’estero e da interessanti blog come quello di Armando Tavano (il suo ultimo articolo rispecchia una situazione reale, specialmente quando si parla di “inaccessibilità”).
Da non dimenticare altresì l’impegno che le associazioni italiane in loco ed alcuni movimenti ed esponenti politici ci stanno mettendo per far pressione contro un Governo insensibile che ci ha tolto la dignità e che fa orecchie da mercante quando gli si chiede di riportare un minimo di logicità in questa zona del mondo. Un impegno che riflette la necessità che abbiamo di non dover più fare i salti mortali per ottenere un servizio.
Infine, avendo modo di conversare tutti i giorni con molti connazionali, non posso che confermare che le lamentele non calano, anzi… sono in aumento.
Negli ultimi anni questa comunità, storicamente divisa, ha cominciato ad unirsi. Ci sono sempre delle visibili divisioni tra alcuni enti o persone però, nei miei vent’anni di Repubblica Dominicana, non posso che applaudire i tanti esempi che dal 2014 ad oggi hanno evidenziato un lavoro in sinergia per ottenere dei risultati concreti.
I social network ci hanno aiutato a conoscerci e condividere esperienze, abbattendo le barriere delle distanze. Alcuni giornali hanno dato ampio spazio alle nostre problematiche. Alcuni esponenti politici si sono interessati a noi come mai prima in passato. Alcuni connazionali come Angelo Viro ed un’associazione in particolare hanno portato lo Stato addirittura in Tribunale, attraverso un ricorso presentato (e vinto) al TAR del Lazio e hanno manifestato il proprio dissenso di fronte all’Ambasciata non più di cinque mesi fa.
Ora ci ritroviamo di fronte ad un’Ambasciata che eroga servizi in base alle risorse che ha a disposizione. Questo si traduce in struttura decadente, personale ridotto all’osso, disorganizzazione, ritardi, appuntamenti disponibili (a volte) addirittura per il 2018, difficoltà nei rapporti con il pubblico che portano ad incomprensioni utenza / personale Ambasciata.
Fino a prima dell’annuncio della chiusura della sede diplomatica e consolare (da escludere quindi il caotico anno pre-chiusura, dove bisognava fare file interminabili per potere accedere agli sportelli consolari), per richiedere un servizio ci si poteva presentare senza appuntamento, dal lunedì al venerdì, dalle 08.30 alle 11.30.
Ci lamentavamo spesso delle file fuori dall’Ambasciata, del comportamento di alcuni impiegati, della burocrazia. Se penso a tutto questo e analizzo cosa abbiamo oggi, non posso fare altro che pensare a voce alta che siamo passati dalla padella alla brace.
La domanda sorge spontanea: COSA POSSIAMO FARE ADESSO?
Di concreto, come comunità, dobbiamo continuare a ribellarci, denunciando i disagi che stiamo vivendo, così come altri hanno fatto in passato. Ministero degli Esteri, Comites, stampa, partiti e movimenti politici, associazioni, social network. Tra le scuse per la mancanza di risorse, vi è un numero di iscrizioni AIRE molto al di sotto di quella che è la reale presenza di connazionali nel Paese.
L’iscrizione all’AIRE è un obbligo che però non presenta sanzioni immediate in caso di inadempienza e forse per questo sono in molti a non provvedere a regolarizzare la propria situazione.
Invito tutti a riflettere su come certi comportamenti non aiutano la collettività. Poche iscrizioni AIRE significa anche meno risorse per la rete consolare.
Tra pochi mesi torneremo al voto. Ci verrà data l’opportunità di scegliere quali saranno i nostri rappresentanti in Parlamento (due Deputati e un Senatore eletti per la ripartizione Nord e Centro America). Rispettando le simpatie politiche di tutti, invito i connazionali ad analizzare attentamente coloro che saranno i candidati (cosa hanno fatto per le rispettive comunità italiane all’estero in primis), a prescindere dai partiti di appartenenza.
Rimbocchiamoci le maniche… la battaglia continua.
*coordinatore MAIE Repubblica Dominicana
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