D’accordo, ormai all’estero – ma anche in Italia, in realtà – sparare sul Partito Democratico è come sparare sulla Croce Rossa. Con tutto ciò che hanno combinato in questa legislatura, tra tagli e tasse, i dem si sono fatti male da soli.
Nostro dovere, però, è riportare i fatti. E i fatti parlano chiaro: oltre confine il Pd è a pezzi.
Dopo l’uscita dal partito del Sen. Claudio Micheloni, eletto nella ripartizione estera Europa e in Senato dal 2006, si è creato un effetto domino: hanno abbandonato il Pd tanti dirigenti, presidenti di Circoli e delegati, in Svizzera come in tutta Europa. Ma non è ancora finita.
Qualche giorno fa dal Sud America una nota del segretario del Pd Argentina, Francesco Rotundo, comunica a segretario e presidente del Pd nazionale i nominativi di coloro che hanno deciso di rinunciare all’incarico assunto all’interno del partito in seguito all’annuncio delle prossime elezioni politiche previste a marzo 2018.
Si tratta di otto componenti dell’assemblea Paese: Silvia Schinnea, Vanesa E. Tessitore, Ana M. Claps, Domingo Calafati, Francisco Chiarello, Giuseppe D’Agostin, Lucrecia Sosa Cocca e Francesco Rotundo; dei responsabili dell’esecutivo del Pd Argentina: il segretario Rotundo, la presidente Lucrecia Sosa Cocca, il tesoriere Domingo Calafati e Paolo Cerolini per il coordinamento della segreteria; i delegati dell’assemblea nazionale ed estero per la ripartizione America meridionale: Lucrecia Sosa Cocca, Ana Claps, Domingo Calafati e Rotundo; e dei membri della Commissione di garanzia del Pd Luciano Leali, Diego Calafati e Giuseppe Serra.
Le decisioni prese saranno comunicate nei prossimi giorni a tutti i circoli del Pd Argentina.
Terremoto Pd in Europa, dopo l’addio di Micheloni crolla tutto: partito a pezzi
Tutti loro hanno deciso di mollare il Pd per diversi motivi. Da un lato, la modalità con cui sono state annunciate per questo mese di gennaio le elezioni dei responsabili dell’assemblea della circoscrizione Estero del Pd, dall’altro le modifiche che la riforma elettorale ha apportato al voto all’estero, modifiche che cambiano “la sostanza che aveva la legge sul voto all’estero, che dava la possibilità ai nostri connazionali di eleggere solo i propri rappresentanti, perché solo loro sono in grado di conoscere la realtà degli italiani all’estero”.
La nota è molto dura: “Gli stessi che hanno cambiato la legge si sono dimenticati di averci definiti una grande risorsa e veri ambasciatori dell’Italia”.
Rotundo si chiede “quale significato abbia la modifica che permette a chi non risiede all’estero di presentarsi in una ripartizione all’estero, mentre chi è nel mondo non può candidarsi Italia?” e chi possa beneficiarne.
Le critiche si estendono poi alla questione del possibile aumento della tassa sulla cittadinanza, che il Pd avrebbe voluto alzare dagli attuali 300 euro a 400 euro. Ma anche al fatto che le tanto annunciate e attese risorse che dovevano essere destinate al miglioramento della rete consolare, non sono in realtà mai arrivate. Insomma, secondo i dimissionari sono molti, troppi, gli impegni presi e poi non mantenuti. E se lo dicono loro, che nel Pd hanno militato tanti anni, vuol dire che la sinistra renziana in questi anni nel mondo ha fatto soltanto danni.
Siamo convinti che anche gli italiani del Sud America se lo ricorderanno alle prossime elezioni, previste per il 4 marzo, e daranno al Partito Democratico una bella lezione. Qualcosa, inoltre, ci dice che Rotundo nelle prossime settimane sarà comunque protagonista.
Discussione su questo articolo